Un percorso relazionale e intersoggettivo

Ogni coppia attraversa momenti di incontro e di distanza, di sintonia e di conflitto. Le relazioni affettive, per la loro stessa natura, sono dinamiche: cambiano con il tempo, con le sfide della vita quotidiana e con le trasformazioni interiori dei partner. Non sempre, però, la coppia riesce da sola a trovare un equilibrio tra bisogni, modi di stare insieme, desideri ed eventi di vita. In queste situazioni, la terapia di coppia rappresenta uno spazio privilegiato per esplorare le difficoltà e trasformarle in occasioni di crescita.

L’importanza della terapia di coppia

Le difficoltà di coppia spesso si esprimono attraverso conflitti ripetuti, silenzi carichi di significato o incomprensioni che sembrano insormontabili. Non si tratta semplicemente di “mancanza di comunicazione”: dietro queste dinamiche ci sono vissuti profondi, bisogni affettivi e timori legati alla storia personale di ciascun partner.

La terapia di coppia, sostenuta da evidenze scientifiche, si è dimostrata efficace nell’aiutare i partner a migliorare la comunicazione, ridurre i conflitti e recuperare un senso di vicinanza emotiva. Ma la sua efficacia non riguarda soltanto il benessere della coppia: spesso, il lavoro condiviso consente anche una maggiore comprensione di sé, favorendo un arricchimento personale e un miglioramento della qualità della vita.

La prospettiva della psicoanalisi relazionale e intersoggettiva

Uno degli approcci alla terapia di coppia che puoi trovare da Oltre si fonda sul modello della psicoanalisi relazionale e intersoggettiva. Questo approccio parte dal presupposto che i problemi della coppia non possano essere ridotti a colpe individuali o a errori comunicativi isolati. Ciò che accade tra i partner nasce dall’incontro tra due mondi soggettivi, ognuno con la propria storia, i propri bisogni e le proprie vulnerabilità. Viene quindi prima di tutto rivista l’idea di una verità oggettiva a cui riferirsi.

La relazione diventa quindi un campo intersoggettivo, dove le esperienze interiori dei due partner si intrecciano, si scontrano e si trasformano. Il compito dello psicoterapeuta è quello di aiutare entrambi a riconoscere questi movimenti, dando voce alle emozioni sottese e facilitando la possibilità di creare nuovi significati condivisi, partendo dal presupposto che ciò non è facile proprio perché la nostra soggettiva gioca sempre un ruolo cruciale nel creare significati. Il che vuol dire reagire spesso automaticamente a quello che il partner ci comunica.

Il contributo del costruttivismo ermeneutico

Un elemento centrale del nostro lavoro è rappresentato dal costruttivismo ermeneutico, che invita a superare l’idea di una verità oggettiva e unica riguardo ai problemi della coppia. In questo approccio, non esiste “la realtà dei fatti” che uno dei partner debba imporre all’altro; esistono piuttosto due verità soggettive, entrambe legittime, che spesso entrano in conflitto.

La terapia di coppia diventa allora il luogo in cui queste verità soggettive possono incontrarsi, confrontarsi e persino scontrarsi, ma in un contesto sicuro, sostenuto dallo psicoterapeuta. È proprio in questo spazio che diventa possibile attraversare i momenti di rottura, elaborare processi di riparazione e sperimentare forme di negoziazione nuove, capaci di restituire vitalità e autenticità alla relazione.

In altre parole, la verità non è un punto fermo da stabilire una volta per tutte, ma un orizzonte che si costruisce e si ricostruisce nel dialogo tra i partner, grazie al sostegno dello psicoterapeuta. Questo processo consente di trasformare il conflitto da ostacolo insormontabile a occasione di crescita reciproca.

Lo psicoterapeuta come facilitatore di incontro

All’interno di questa cornice teorica, lo psicoterapeuta non si pone come giudice né come arbitro che decide chi ha ragione. Piuttosto, svolge il ruolo di facilitatore di incontro, accompagnando la coppia nel riconoscere i propri bisogni, nel dare significato alle emozioni e nel trasformare modalità comunicative bloccate in possibilità di dialogo autentico.

Lo psicoterapeuta diventa una presenza terza che, proprio grazie alla sua posizione, può aiutare i partner a vedere ciò che da soli non riescono a cogliere, restituendo nuove prospettive e aprendo spazi di riflessione.

La possibilità di ritrovarsi

Il percorso di terapia di coppia non ha come unico obiettivo quello di “riparare” ciò che non funziona, ma di permettere ai partner di riscoprire modi più autentici e vitali di stare insieme. La psicoanalisi relazionale e intersoggettiva, integrata con la prospettiva del costruttivismo ermeneutico, offre uno spazio dove le difficoltà diventano occasione di trasformazione.

In questo processo, la coppia può ritrovare la capacità di guardarsi con occhi nuovi, di riconoscere i propri bisogni reciproci e di costruire significati condivisi che rafforzino il legame. È qui che il conflitto lascia spazio alla possibilità di riconoscersi nuovamente come partner, con fiducia, apertura e senso di progettualità comune.

Vuoi iniziare un percorso di terapia di coppia?

Presso il nostro centro di psicoterapia e psichiatria offriamo percorsi di terapia di coppia basati su diversi modelli teorici, per rispondere in maniera flessibile e personalizzata alle esigenze delle coppie:

  • la psicoanalisi relazionale e intersoggettiva,
  • l’approccio cognitivo-costruttivista,
  • la psicoanalisi lacaniana.

Se desideri avere maggiori informazioni o fissare un primo incontro con uno psicoterapeuta del nostro centro, puoi scriverci a info@oltrepsicologia.it. Saremo felici di accogliere la tua richiesta e offrirti uno spazio di ascolto e di accompagnamento.

Perchè la nascita della tragedia

È nostra tendenza comune associare la parola “tragico” o “tragedia” a qualcosa di assolutamente negativo. Le prime cose che vengono in mente, infatti possono essere un evento negativo a cui reagiamo con grande sofferenza. Questo accade perché nel nostro linguaggio comune, il termine “tragico” ha preso ispirazione da alcuni elementi sommari della tragedia greca in cui sono presenti solitamente eventi luttuosi, tristi, gravi disgrazie e così via.

In realtà la tragedia greca raffigura tantissimi aspetti essenziali della condizione dell’essere umano e offre tantissimi insegnamenti. Recuperare il senso tragico originario è di grande insegnamento su come vivere meglio le nostre esistenze.

Prima di tutto la tragedia greca ci aiuta a riflettere meglio sulla condizione di fragilità umana, la necessità di affrontare il nostro “andare avanti”, il nostro “procedere”, la complessità dei conflitti morali e la capacità di resistere alle difficoltà.

Non dobbiamo dimenticare che la tragedia è nata nell’antica Grecia a causa di una necessità sociale.

Il senso tragico contrapposto al senso di colpa

Un vertice interessante per poter proseguire la riflessione è quello di guardare alla tragedia come un senso delle cose e della vita che si contrappone a quello della colpa.

Forniamo un esempio.

Non riuscire a trovare un lavoro in cui sentirsi realmente appagati e realizzati è una delle esperienze più frequenti che i pazienti riportano in psicoterapia e di cui tutti noi possiamo facilmente aver fatto esperienza nella vita, in passato, in questo momento o forse in futuro.

Una visione che vede l’uomo come persona in grado di controllare la propria vita, attraverso una maggior conoscenza di sé stessi, delle proprie spinte e di ciò che lo ostacola – visione positivista che ha dominato il primo Novecento – può facilmente indurci a sentirci colpevoli, inadeguati, incapaci di superare gli ostacoli interni ed esterni. Siamo colpevoli di essere fatti così.

Una visione tragica dell’esistenza ci conduce, invece in altri significati a partire dalla stessa esperienza. Prima di tutto, possiamo considerare che il corso della nostra vita è intrinsecamente legato a tantissimi fattori, eventi oltre che alla vita di altre persone. Attraverso una visione tragica delle cose comprendiamo come gioia ma anche dolore siano entrambi presenti nelle vite di ognuno di noi ed entrambi necessari. Quella che può sembrare una visione negativa e pessimistica dell’esistenza ad un primo sguardo, in realtà si dimostra come connotata da un grado spiccatamente minore di moralismo della prima di inizio secolo. Accettare, prendere atto della natura tragica dell’esistenza non significa infatti andare verso un destino fallimentare o doloroso ma significa piuttosto pensare alla ricerca del lavoro con la speranza di portarla positivamente a termine ma tenendo a mente che questo non è detto che accada necessariamente. Questa è la tragedia.

La tragedia greca non moralizza, non offre ricette o punizioni educative. Piuttosto, mostra che anche i più grandi, i più nobili, i più giusti possono cadere. Non perché siano cattivi, ma perché sono umani.

Gli eroi tragici non sono passivi. Anche quando sono travolti dal destino, scelgono, e nelle loro scelte affermano la dignità della libertà umana. È proprio nella consapevolezza del proprio fallimento che diventano grandi.

Laddove non riusciamo e iniziamo a sentirci colpa, è importante recuperare nella nostra mente e nella nostra esperienza il senso tragico delle cose e della vita. Dobbiamo andare avanti con speranza, sapendo che potremo anche alla fine non trovare l’amore che cerchiamo, il lavoro di cui abbiamo bisogno o “fare pace” con quell’amico.

Non tutto si può risolvere ma tutto si può affrontare con genuinità e dignità.

Il senso del limite umano

Un altro tema umano che ci mostra la tragedia è quello del limite. Gli eroi tragici spesso cadono perché osano troppo. Centrale in questo senso è il concetto di ὕβρις – hybris, la tracotanza. Il fatto di eccedere i propri limiti, tuttavia ancora una volta, non rende gli eroi colpevoli nel senso morale, bensì tragici.

La tragedia ci insegna che non tutto può essere controllato o risolto, e che cercare di dominare tutto porta alla rovina. È una lezione di umiltà radicale. La tragedia ci insegna che non tutto può essere controllato o risolto, e che cercare di dominare tutto porta alla rovina. È una lezione di umiltà radicale.

La tragedia non cancella il dolore, lo onora. Lo espone nella sua interezza. È un linguaggio emotivo, poetico, simbolico, che ci permette di pensare e sentire insieme ciò che normalmente viene rimosso.

La tragedia è una forma di pensiero che attraversa la sofferenza, non la nega. Oggi siamo in un contesto sociale in cui l’impulsività, l’aggressività e la violenza sono sempre più presenti e frequenti. Lo vediamo benissimo nei più giovani, i pre-adolescenti oggi sono sempre più capaci di passare all’agito. Questo è causato da un’infinita complessità di fattori su cui in questa breve riflessione non ci dilunghiamo ma basti pensare a quanto la società che prescrive standard di perfezione sia in grado di farci sentire sbagliati, poco sostenuti e rispecchiati nella nostra autentica soggettività. Quanto è facile oggi sentirsi colpevoli di esistere, di essere così.

Recuperare il senso tragico, nella sua accezione di cui abbiamo fornito un brevissimo spunto qui, può aiutarci a vivere più serenamente.


Se sei interessato ad iniziare un percorso di psicoterapia presso Oltre, puoi contattarci.

Il primo colloquio conoscitivo è gratuito.