Il senso tragico della vita

È nostra tendenza comune associare la parola “tragico” o “tragedia” a qualcosa di assolutamente negativo. Le prime cose che vengono in mente, infatti possono essere un evento negativo a cui reagiamo con grande sofferenza. Questo accade perché nel nostro linguaggio comune, il termine “tragico” ha preso ispirazione da alcuni elementi sommari della tragedia greca in cui sono presenti solitamente eventi luttuosi, tristi, gravi disgrazie e così via.

In realtà la tragedia greca raffigura tantissimi aspetti essenziali della condizione dell’essere umano e offre tantissimi insegnamenti. Recuperare il senso tragico originario è di grande insegnamento su come vivere meglio le nostre esistenze.

Prima di tutto la tragedia greca ci aiuta a riflettere meglio sulla condizione di fragilità umana, la necessità di affrontare il nostro “andare avanti”, il nostro “procedere”, la complessità dei conflitti morali e la capacità di resistere alle difficoltà.

Non dobbiamo dimenticare che la tragedia è nata nell’antica Grecia a causa di una necessità sociale.

Il senso tragico contrapposto al senso di colpa

Un vertice interessante per poter proseguire la riflessione è quello di guardare alla tragedia come un senso delle cose e della vita che si contrappone a quello della colpa.

Forniamo un esempio.

Non riuscire a trovare un lavoro in cui sentirsi realmente appagati e realizzati è una delle esperienze più frequenti che i pazienti riportano in psicoterapia e di cui tutti noi possiamo facilmente aver fatto esperienza nella vita, in passato, in questo momento o forse in futuro.

Una visione che vede l’uomo come persona in grado di controllare la propria vita, attraverso una maggior conoscenza di sé stessi, delle proprie spinte e di ciò che lo ostacola – visione positivista che ha dominato il primo Novecento – può facilmente indurci a sentirci colpevoli, inadeguati, incapaci di superare gli ostacoli interni ed esterni. Siamo colpevoli di essere fatti così.

Una visione tragica dell’esistenza ci conduce, invece in altri significati a partire dalla stessa esperienza. Prima di tutto, possiamo considerare che il corso della nostra vita è intrinsecamente legato a tantissimi fattori, eventi oltre che alla vita di altre persone. Attraverso una visione tragica delle cose comprendiamo come gioia ma anche dolore siano entrambi presenti nelle vite di ognuno di noi ed entrambi necessari. Quella che può sembrare una visione negativa e pessimistica dell’esistenza ad un primo sguardo, in realtà si dimostra come connotata da un grado spiccatamente minore di moralismo della prima di inizio secolo. Accettare, prendere atto della natura tragica dell’esistenza non significa infatti andare verso un destino fallimentare o doloroso ma significa piuttosto pensare alla ricerca del lavoro con la speranza di portarla positivamente a termine ma tenendo a mente che questo non è detto che accada necessariamente. Questa è la tragedia.

La tragedia greca non moralizza, non offre ricette o punizioni educative. Piuttosto, mostra che anche i più grandi, i più nobili, i più giusti possono cadere. Non perché siano cattivi, ma perché sono umani.

Gli eroi tragici non sono passivi. Anche quando sono travolti dal destino, scelgono, e nelle loro scelte affermano la dignità della libertà umana. È proprio nella consapevolezza del proprio fallimento che diventano grandi.

Laddove non riusciamo e iniziamo a sentirci colpa, è importante recuperare nella nostra mente e nella nostra esperienza il senso tragico delle cose e della vita. Dobbiamo andare avanti con speranza, sapendo che potremo anche alla fine non trovare l’amore che cerchiamo, il lavoro di cui abbiamo bisogno o “fare pace” con quell’amico.

Non tutto si può risolvere ma tutto si può affrontare con genuinità e dignità.

 

Il senso del limite umano

Un altro tema umano che ci mostra la tragedia è quello del limite. Gli eroi tragici spesso cadono perché osano troppo. Centrale in questo senso è il concetto di ὕβρις – hybris, la tracotanza. Il fatto di eccedere i propri limiti, tuttavia ancora una volta, non rende gli eroi colpevoli nel senso morale, bensì tragici.

La tragedia ci insegna che non tutto può essere controllato o risolto, e che cercare di dominare tutto porta alla rovina. È una lezione di umiltà radicale. La tragedia ci insegna che non tutto può essere controllato o risolto, e che cercare di dominare tutto porta alla rovina. È una lezione di umiltà radicale.

La tragedia non cancella il dolore, lo onora. Lo espone nella sua interezza. È un linguaggio emotivo, poetico, simbolico, che ci permette di pensare e sentire insieme ciò che normalmente viene rimosso.

La tragedia è una forma di pensiero che attraversa la sofferenza, non la nega. Oggi siamo in un contesto sociale in cui l’impulsività, l’aggressività e la violenza sono sempre più presenti e frequenti. Lo vediamo benissimo nei più giovani, i pre-adolescenti oggi sono sempre più capaci di passare all’agito. Questo è causato da un’infinita complessità di fattori su cui in questa breve riflessione non ci dilunghiamo ma basti pensare a quanto la società che prescrive standard di perfezione sia in grado di farci sentire sbagliati, poco sostenuti e rispecchiati nella nostra autentica soggettività. Quanto è facile oggi sentirsi colpevoli di esistere, di essere così.

Recuperare il senso tragico, nella sua accezione di cui abbiamo fornito un brevissimo spunto qui, può aiutarci a vivere più serenamente.

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